Chi siamo

Le storie professionali di Carola Panarese e Felice Squitieri si sono intrecciate nel 1999, quando hanno cominciato la loro collaborazione come studio di progettazione ed è continuata nel 2000, anno in cui hanno fondato la IDEA Services & Consulting srl. Da allora, la società, con base a Roma, ha operato nel settore della consulenza tecnica ai privati ed alle imprese, con l’obiettivo di fornire un servizio professionale completo, capace di adeguarsi alle mutevoli esigenze ed alle specifiche richieste della sua clientela.

Carola Panarese

Alienum phaedrum torquatos nec eu, vis detraxit periculis ex, nihil expetendis in mei.

Felice Squitieri

Alienum phaedrum torquatos nec eu, vis detraxit periculis ex, nihil expetendis in mei.

In quale segmento del mercato posizionate la vostra attività?

Operiamo in diversi settori, implementati nel corso degli anni, tutti afferenti alla sfera dell’architettura e del design. Ci occupiamo del processo creativo, della gestione di quello produttivo, nonché dei servizi legati alle problematiche di contenzioso tecnico.

Qual è il vostro rapporto con il cliente?

Il rapporto con il cliente è sempre basato sulla fiducia e sul confronto. L’approccio, certo, è differente a seconda del tipo di servizio richiesto. Infatti, se per le attività di consulenza tecnico-legale o tecnico-amministrativa ci si basa su dati oggettivi o di interpretazione, per la parte più propriamente creativa, quella progettuale, il nostro lavoro è sempre guidato dal cliente e ci piace la tensione che si crea intorno a questo rapporto.

Ogni volta che affrontiamo una nuova progettazione, il senso di sfida tende a prevaricare la nostra volontà di confronto con la committenza, ma con prudenza e pazienza lo riconduciamo ad un dialogo costante e intenso, nell’idea di trasformare quelli che sono concetti immateriali e cioè esigenze, sensazioni, funzioni – il software – in forme materiali – l’hardware – che soddisfino le percezioni sensoriali di chi vivrà il Luogo.

Però, ancor prima che inseguire la forma, ciò che noi ricerchiamo nel rapporto con il cliente è l’empatia, un elemento imprescindibile per arrivare a “svelare” il progetto ideale che è nella sua mente e di cui, spesso, neanche lui è pienamente consapevole.

Poco importa se ci stiamo accingendo a progettare un appartamento od una residenza monofamiliare, uno space-office od uno show-room; ogni volta è come entrare nell’animo del nostro interlocutore: lo osserviamo, lo ascoltiamo e con curiosità chiediamo, indaghiamo, cerchiamo di scardinare le resistenze dettate da chi spesso poco conosce in cosa consista il lavoro dell’architetto, il nostro. Tendono subito ad entrare nell’aspetto marcatamente funzionale, come chi nell’acqua alta del mare ha necessità di trovare immediatamente un appiglio solido a cui aggrapparsi, nel nostro caso il bagno piuttosto che un pilastro, una scala, il termosifone, gli arredi. Ma a noi interessa capire quali abitudini di vita e quali aspettative celi il nostro interlocutore, la nostra interlocutrice; le donne in questo senso sono più pronte a gettare il velo e lasciarsi guidare, alla ricerca di un linguaggio comune e di un’operatività concretamente proiettata verso l’obiettivo finale.

Possiamo dire che, nella fase preliminare, il nostro approccio è di tipo “maieutico”; utilizziamo gli strumenti in nostro possesso per far sì che il cliente possa “chiarirsi bene le idee” e, insieme, possiamo fissare dei punti fermi e definire la direzione da dare al nostro lavoro, perché il nostro obiettivo è che il progetto prima e “l’oggetto” poi, oltre a recare chiara la nostra impronta, possano rispecchiare la personalità e soddisfare le esigenze di chi lo utilizzerà.

Poi ci sono quelle volte in cui, visitando il luogo da progettare, è esso stesso a suggerirci idee e a regalarci suggestioni. E allora l’istinto irrefrenabile è quello di prendere carta e penna e disegnare, schizzare particolari architettonici, tradurre in segni le ispirazioni del “genius loci”, ridefinendo quegli spazi per intero compiutamente. Sono questi i progetti del cuore, quelli che lasciano un segno dentro di noi, una traccia che si ripropone anche nei progetti successivi e che crea il nostro stile personale.

Come è composto il vostro team?

Il nome “IDEA” è in realtà l’acronimo di “International Domain of Engineering and Architecture”, dove il termine Domain sta per dominio, regno, luogo. La società, infatti, è stata pensata come il luogo virtuale nel quale concentrare e condensare tutto quanto riguardi l’architettura e l’ingegneria, con le necessarie e dovute contaminazioni. E’ per questo che, nel portare avanti la sua attività, la IDEA Se&Co si avvale di un team di professionisti, che collabora con noi soci fondatori, nel quale trovano posto anche figure provenienti da esperienze in altri settori.

Quanto a noi, ci piace considerarci due facce della stessa medaglia. Le nostre personali competenze, differenti e complementari, ci consentono di avere due diversi punti di vista sulle cose. Ci piace operare con consapevolezza e responsabilità ed è per questo che verifichiamo sempre personalmente il lavoro dei nostri collaboratori.

Troviamo stimolante anche lavorare a stretto contatto con altri team: pensiamo che il confronto sia sempre importante per accrescere il proprio bagaglio di conoscenze. Facciamo ricerca indipendente, ma non abbiamo mai prodotto con un marchio nostro; questo non fa parte dei nostri obiettivi.

Che iter segue il vostro processo creativo?

Nel settore della progettazione ci sono due diverse realtà: le aziende di design e gli studi di design. Noi abbiamo sempre cercato di operare nel mezzo, in modo da poter entrare in contatto con la cultura del settore del mobile, ma anche con le realtà della produzione e del mercato. Sempre più spesso il nostro lavoro ci vede rispondere ad esigenze specifiche: a volte lavoriamo su progetti in cui forniamo solo il servizio e talvolta solo il prodotto, ma i progetti che troviamo più interessanti sono quelli in cui possiamo fare entrambe le cose: sono il luogo ideale in cui il pensiero si materializza.

Quando progettiamo, quello che ricerchiamo è la creatività che scaturisce dal talento e dalla capacità di inseguire l’idea, scansionandola tridimensionalmente nella mente, con la sensibilità dell’anima. E’ l’espressività del “segno” e poco importa se lo perseguiamo attraverso un progetto di industrial design o un progetto urbanistico, paesaggistico, architettonico, fotografico o semplicemente grafico. E’ solamente una questione di scala. Ma non siamo interessati soltanto al segno ed alla forma, ci piace anche immaginare ciò che può accadere intorno ad un oggetto: come esso possa potenzialmente cambiare il comportamento degli utenti o il modo di fare le cose.

Nel corso del tempo, abbiamo imparato a manipolare gli strumenti che abbiamo a disposizione, facendo nostra la capacità di conciliare le innumerevoli limitazioni imposte dai diversi fattori che entrano in gioco in un progetto: la produzione, il mercato, il cliente, il tecnico, le normative, i materiali, il prezzo… tutte cose di cui di solito non si parla quando si parla di design, ma che rappresentano la linfa vitale del processo creativo. Possiamo spendere settimane ad elaborare una forma, cercando di riprodurre l’immagine o il segno che abbiamo in mente; a rivedere un piano economico per soddisfare tutte le richieste del cliente. E questa situazione va avanti finché non ci riteniamo realmente soddisfatti del risultato, perché ciò che ci motiva è una grande passione per ciò che facciamo.

Come si è evoluto, negli anni, il vostro modo di lavorare?

Negli ultimi anni il nostro approccio al progetto è cambiato. Prima eravamo soliti rispondere a specifiche richieste del cliente: “progettare una casa” o “studiare una seduta” e anche se avevamo accorate discussioni con il cliente sui rispettivi punti di vista, è sempre stato un processo lineare. Lo facciamo ancora – e siamo ancora felici di farlo – ma, negli ultimi tempi, ci stiamo dedicando anche alla ricerca indipendente, esplorando un terreno nel quale l’idea iniziale si fa più ricca e interessante. In questo modo, abbiamo la possibilità di innovare prima ancora di aver iniziato a progettare. Il nostro obiettivo è quello di dar vita ad un processo intelligente che ricerchi relazioni tra gli oggetti e gli ambienti e proponga nuovi modi di utilizzo degli stessi attraverso progetti innovativi.

Qual è il vostro rapporto con le aziende di design?

Gli architetti, si sa, tendono a voler progettare tutto, dalla città all’edificio, dalla maniglia alla libreria, con un filo conduttore unico. Noi crediamo, però, che sia altrettanto gratificante inserire nel progetto degli oggetti di produzione industriale che abbiano la capacità di affascinare, emozionare e soprattutto posseggano la qualità di dialogare con ciò che abbiamo progettato.

Siete uno studio di progettazione o una società di servizi?

Siamo entrambi architetti e quindi la progettazione è nel nostro DNA. Ma i servizi che forniamo vanno ben oltre. La nostra “mission” è di accogliere e fare nostre le richieste del cliente e sviluppare risposte che siano adatte per lui. Ritagliamo il progetto sulle sue esigenze e, a seconda del caso, stabiliamo insieme se fare una semplice ricerca di mercato, spaziando in lungo e in largo nella vasta gamma di prodotti disponibili in modo da individuare quello che meglio si confà al suo caso o personalizzarlo con un “su misura”, facendo, in questo caso, ricorso a maestranze specializzate in fase realizzativa. La metodologia analitica è sempre la stessa, non importa se si tratta di una ristrutturazione, di un’analisi di fattibilità o di un contenzioso tecnico.